La lussazione alla spalla è uno dei più fastidiosi e dolorosi infortuni in cui si può incorrere. Questo perché la spalla è una delle pochissime parti del corpo in grado di muoversi in quattro diverse direzioni, assumendo posizioni instabili e quindi molte delicate.

La spalla è caratterizzata da muscoli, legamenti e tendini che insieme formano la cuffia dei rotatori e concorrono tutti insieme a tenere l’omero ben posizionato all’interno della cavità glenoidea.

Questo particolare disturbo si manifesta nel momento in cui l’omero perde la sua posizione a contatto con la cavità glenoidea, cioè esattamente nel punto in cui si articola con la scapola.

Soprattutto in seguito a eventi traumatici, cadute o improvvise tirature del braccio, può accadere infatti che l’osso fuoriesca provocando la lussazione della spalla.

Questi incidenti sono frequenti in alcuni bambini che ancora non hanno sviluppato appieno le diverse parti del corpo, e più spesso si verificano negli sportivi che sottopongono il proprio fisico a sollecitazioni eccessive.

La lussazione, oltre che essere molto dolorosa, non permette la normale mobilità dell’articolazione della spalla e spesso all’inizio è confusa con altre problematiche simili.

Proprio per questo è fondamentale riconoscere i sintomi che può provocare, oltre al classico dolore lancinante alla spalla e all’impossibilità di compiere movimenti normali.

Una lussazione alla spalla può provocare una serie di lividi ben visibili, spesso causati dal movimento dell’osso che, spostandosi, finisce per comprimere i vasi sanguigni adiacenti.

Inoltre, oltre al gonfiore, la spalla assume una forma rotonda, con il braccio che non è più attaccato al corpo ma diventa penzolante.

Anche se una lussazione alla spalla si può facilmente riconoscere a occhio nudo, è sempre indicato ricorrere a una radiografia per diagnosticare con certezza la possibile frattura dell’omero.

In presenza di casi ben più gravi e complessi viene consigliato di sottoporsi a una risonanza magnetica in grado di accertare il non coinvolgimenti di legamenti, muscoli e altri tessuti.

Questi esami rivelano anche il tipo di lussazione, che può essere completa, parziale, anteriore o posteriore.

Nella lussazione completa l’osso risulta completamente fuori dalla sua sede (cavità glenoidea), mentre in quella parziale è ancora in parte attaccato alla spalla.

Invece nelle lussazioni anteriori o posteriori la testa dell’omero fuoriesce rispettivamente in avanti e all’indietro.

Vediamo adesso come si cura una spalla lussata, considerando che gli interventi da compiere sono diversi in base alla gravità della situazione.

Ovviamente il paziente deve essere seguito e accompagnato da un personale specializzato che lo segua nella riabilitazione a un corretto movimento.

Invece gli episodi più gravi che determinano la fuoriuscita improvvisa e violenta dell’osso vengono classificati come lesioni di Hill Sachs, dove la fuoriuscita anteriore della testa dell’omero crea una forte compressione della stessa sul margine anteriore del labbro glenoideo tale da appiattire la testa dell’omero.

Questa particolare categoria di lussazione richiede necessariamente l’intervento di un ortopedico qualificato che proceda al più presto a un riposizionamento dell’osso.

Il procedimento di norma è molto doloroso e presuppone l’utilizzo di un’anestesia parziale per alleviare la sofferenza fisica del paziente.

Inoltre, a seconda dell’intensità del dolore, il medico può prescrivere dei farmaci antidolorifici o per rilassare i muscoli.

Dopo questa manovra verrà applicato al diretto interessato un tutore della spalla per circa due/tre settimane, in modo che il braccio resti aderente al corpo e la spalla possa riacquistare nuovamente stabilità e forza.

Nell’eventualità che la spalla sia compromessa a più livelli, viene presa in considerazione l’idea di un intervento chirurgico in artroscopia.

In altre parole, è una sorta di operazione effettuata di norma su ragazzi e sportivi in assenza di situazioni recidive e che non presentano fratture ossee.

Dopo l’intervento si consiglia di applicare un tutore almeno per un mese e intraprendere un percorso di fisioterapia al fine di raggiungere un completo recupero nell’arco di alcuni mesi.